Alessio Sucato - Tessera n.118

La mia storia con le 106 nasce un bel po’ di tempo fa, quando ancora usciva dalle linee di montaggio la sola Xsi 1.4 ed ero poco più che un gagno. L’amore sboccia definitivamente quando vedo correre gli esemplari ufficiali di Ucci e Mede nel Cir. Il tutto sui giornali di settore (Tuttorally, ai tempi la Bibbia per i rallisti).
Fu su Tuttorally che vidi tra le “news produzione” la foto presentazione della 1.3 Rallye. Bella, bellissima. La sognavo, pur sbavando su Delta, Escort e Impreza Gruppo A. 
Il mio primo contatto, reale e concreto con la 106, avvenne nel 1999. 
Guidavo già per lavoro e vidi in vetrina una fiammante (per me) 1.6 Rallye 8v. La sera la rividi e decisi che, l’indomani, sarei andato a vederla.
Fu così ed uscii dal concessionario con il contratto in mano. Dopo tre giorni era mia. 
Ricordo il primo giorno passato a consumare il pieno a furia di portare gli amici a fare un giro. 
Quel giorno stesso provai subito cosa significasse mollare il pedale del gas in curva con il 106.
Più che paura, mi fece innamorare ancora di più.
Seguirono un paio d’anni di scorribande su per le stradine di montagna. 
Ci separammo dopo tre anni e 70.000 km (l’avevo comprara usata con 23.000 km e due anni di vita) dandola in permuta quando arrivò la Subaru Impreza. Ai tempi mi diedero un sacco di patate, tante ce n’erano e tanto poco valevano.
Per far capire com’era nei primi anni 2000, le Delta Evo venivano via a 9/10 milioni di lire, pur di togliersele di mezzo. 
Passarono quattro anni e decisi che era ora di smettere di spendere soldi in auto. Si, ma su quelle stradali: quindi decisi si iniziare a correre. Nei rally, of course.
Comprai, per provare, una 1.3 Rallye N1 usata ad un prezzo onesto, ma con qualcosa di troppo da fare. Tempo un anno e l'auto mi era costata il doppio dei 6000€ iniziali. Da lì decisi che mai più avrei comprato un’auto da corsa usata.
Era il 2007 e, tolti i primi 2 anni di tribulazioni ad ogni gara che mi facevano perdere del gran tempo, decisi di cambiare preparatore. Altri bei soldi spesi, tanta roba buttata nell’immondizia, ma qualche soddisfazione arriva.
Purtroppo arrivano anche le delusioni e l’anno 2010 fu catastrofico, concluso con un motore sciolto prima (si, avete letto bene: sciolto) e un capottone che mise fine alla carriera del mezzo.

Parte la ricerca per una scocca da fare da zero. Si trovavano ancora facilmente ed a prezzi buoni. Una rossa, poco fiammante (soprattutto dal lato esposto al sole) 1.3 dell’aprile 1996, ferma da quattro anni per aver sbronzinato. A me interessava che non fosse marcia, il colore sarebbe saltato via tutto e gli interni avrebbero lasciato spazio ad un bel rollbar Sparco “Rac”.

 
E così fu, per mano e saldatrice della Alves arrivò la mia prima scocca dove travasammo tutta la meccanica e ciclistica, che nel frattempo era stata tutta revisionata, della vecchia defunta. Successivamente arrivò pure un bel cambio ad innesti frontali. Dal 2012 al 2014 mi tolsi parecchie soddisfazioni nelle gare di zona, vincendo tre volte il campionato Piemonte-Valle d’Aosta di classe. 
Fu allora, in una classe dove ormai ci scornavamo in due o tre, che decisi di evolverla in gruppo A, un po’ alla volta. E così fu. Passando per varie evoluzioni, motore e freni subito, man mano adeguavo assetto, poi varie prove di coppie coniche, tante tribulazioni con l’idroguida meccanica (come da regolamento, ndr), qualche panne elettrica di troppo…comunque, le soddisfazioni arrivano. Come pure le delusioni dure e costose (tra cui una che incluse due vertebre e quarantacinque giorni di busto ortopedico e mezza scocca da rifare).
Finita la convalescenza si riparte, qualche gara, qualche evoluzione come il cambio a sei marce. Poi stesso loop: soddisfazioni e cocenti delusioni culminate con un altro capottone che mi costringe a rivolgermi di nuovo alla Alves. Stavolta trovare una scocca è dura, molto dura. I prezzi sono esagerati e “ripiego” su una 954 intonsa, usata da un anno da un neopatentato e “rallyzzata” a modo suo (campeggiava un enorme leone sulle due fiancate che “Andreucci spostati con la tua 208 Ufficiale”), ma era sana e non marcia. Mi costò più il passaggio della scocca, e mi evitai di smontarla suggerendo al ragazzo di vendere tutto, che tanto a me sarebbe servita solo la scocca. Da un iniziale titubare andò a finire che mi prese alla lettera e fui costretto a cercare porte e cofani..ma vabbè...


Da lì riparte tutto, ci metto un po’ a travasare tutta la meccanica sulla nuova scocca perché decido di farlo in garage con l’aiuto fondamentale di Amici, uno tra tutti Mario e il piccolo Andrea, figlio dodicenne di un vicino di garage che timidamente scrutava, a distanza, fino a finire a sporcarsi le mani, a passare i pomeriggi a lavorarci sopra, con notevoli capacità nonostante l’età, guidarla seppur per piccoli spostamenti ed avere l’onore -non stava nelle pelle- di fare il primo giro, il primo shakedown in pista ed a breve la guiderà davvero in pista. Glielo devo. É anche merito suo.


Chiudo qui il mio racconto, ho cercato di essere il più sintetico possibile, ma quando Dio distribuiva il dono della sintesi mia madre era in coda per l’intelligenza, purtroppo invano.
Ah, dimenticavo: spero di non ripetere il loop di cui prima.

Alessio Sucato